Che cosa pensi quando guardi tua madre? 

Ti capita di immaginarla giovane, con le stesse domande, sogni, dubbi, difficoltà che ogni giorno vivi anche tu?

Anche le nostre nonne, che guardiamo con tenerezza, sono state proprio come noi: donne, con dei sogni, degli amori; donne che hanno dovuto combattere e credere ancora di più nel loro potere femminile.

Ecco perché è importante sapere cosa hanno vissuto nel passato.

Che cosa significa “femminismo”?

Il termine appare per la prima volta alla fine dell’Ottocento: è grazie a una donna francese se questa parola inizia a diffondersi.

Hubertine Auclert nasce nel 1848 da una famiglia borghese di proprietari terrieri: per un periodo pensa di diventare suora, ma sarà proprio l’esperienza in convento a farle cambiare idea e contribuire a trasformare le sue idee.

È la prima donna francese a definirsifemminista” e, dopo aver fondato un’associazione impegnata nella lotta per il diritto di voto femminile, utilizzerà il termine “femminista” nella sua rivista La Citoyenne.

Fu sempre lei a proporre una legge incredibilmente innovativa per l’epoca, in cui i coniugi potessero decidere per il regime della separazione dei beni al momento del matrimonio.

Quanti passi in avanti abbiamo fatto da allora?

Radicalmente diverso, ma profondamente uguale nel sentimento che unisce le donne di ogni epoca, qualcuno dice che del femminismo non abbiamo più bisogno

Ma forse oggi più che mai abbiamo la necessità di ricordare a tutt* le battaglie affrontate dalle donne, affinché la società in cui viviamo possa evolversi verso un mondo più equo.

Origini del femminismo

Sappiamo che parlare di storia è sempre un po’ pesantuccio, ma in tema di femminismo è assolutamente fondamentale sapere da dove nasce e le sue evoluzioni.

Equità, ecco una delle parole chiave da ricordare quando ci addentriamo nella storia del movimento.

La prima Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina risale all’epoca della Rivoluzione Francese, nel 1791: era stata scritta da Olympe de Gouges, pseudonimo di Marie Gouze, scrittrice e attivista, antesignana del femminismo.

Ma l’esordio e la grande diffusione del termine arriverà nell’Ottocento con i movimenti per l’emancipazione della donna nati in Gran Bretagna.

Il primo comitato per il diritto al voto nasce nel 1865: le donne escono di casa per scendere in marcia e ciò che accade a Londra e Manchester fa divampare l’opinione pubblica di tutta Europa.

Le prime suffragette lottano per la parità dei diritti e per il voto: in Italia donne come Clara Maffei e Cristina Belgiojoso partecipano alle battaglie del Risorgimento.

Il desiderio di essere parte attiva della vita politica del Paese è sempre più forte e irrefrenabile nell’animo delle donne: il loro ruolo diventerà centrale anche durante le Guerre Mondiali, quando gli uomini saranno chiamati al fronte e le donne li sostituiranno anche nelle fabbriche e nei lavori agricoli, guidando mezzi e macchine.

Il primo Paese dove le donne avranno accesso al voto?

Australia nel 1902 e, in Europa, Finlandia, nel 1906, oltre alla Norvegia, nel 1907.

Successivamente, sarà il turno dell’Inghilterra nel 1918 e tante altre nazioni.

In Italia, le donne voteranno per la prima volta in occasione delle elezioni del 2 giugno 1946: inizia il dopoguerra.

Dopo aver sperimentato la durezza dei difficili anni del conflitto, ma anche il senso di libertà e responsabilità che la necessità aveva fatto emergere mettendo alla prova le loro capacità, le donne non sono più disposte a rientrare nei soliti ruoli.

In America, il boom economico e le possibilità del lavoro in forte crescita, portano al centro dell’attenzione nuove tematiche.

Si discute per la parità di diritti sul lavoro e, a dire il vero, su questo tema purtroppo c’è ancora molto da fare.

Il femminismo dal ‘60 a oggi

Nel 1961 viene messa in commercio la pillola contraccettiva, che segna un cambiamento epocale.

Il fatto di poter controllare la propria fertilità va di pari passo con la conquista di più libertà nelle decisioni che riguardano la vita e il matrimonio, più consapevolezza di sé e dei propri desideri, meno paura del corpo e della sessualità.

La rivoluzione femminista negli anni Sessanta e Settanta diventa un’onda che arriva e travolge tutto, un’aspirazione condivisa che non è più possibile ignorare.

Le attiviste lottano per migliorare le condizioni lavorative per il divorzio e l’aborto ma più di tutto per un’idea fondamentale: la consapevolezza che ogni donna abbia il diritto - e possa avere il potere di - decidere per sé, per la propria vita e il proprio corpo.

Tuttavia, le cose non sono così semplici.

Soprattutto alla fine degli anni Novanta il femminismo sembra diventare un fenomeno silente: davvero possiamo parlare, si chiedeva qualcuno, di società post-femminista?

Il movimento #MeToo, approdato su Internet e diffusosi grazie alle piattaforme social, rappresenta un’ulteriore evoluzione e ci racconta che, all’alba di un nuovo secolo, il pregiudizio, la disparità e la lotta per i propri diritti sono ancora dolorosamente attuali.

Sarà l’attivista statunitense Tarana Burke a utilizzare per prima l’espressioneMe too”: è il 2006.

Nell’ottobre 2017, il termine si trasforma in un hashtag. In seguito alle rivelazioni sul produttore cinematografico Harvey Weinstein, accusato di molestie e violenza sessuale, la rete diventa il luogo dove raccontare e condividere la propria esperienza: una cassa di risonanza dal potere immenso, un megafono in grado di andare oltre i confini nazionali per arrivare in ogni angolo, in ogni casa.

Questo segna un passo importante: pensiamo a cosa possa significare, anche per una donna che vive una situazione difficile, poter avere libero accesso all’informazione e comunicare la sua esperienza dal luogo in cui si trova, protetta grazie alla rete.

L’impatto della tecnologia sul movimento femminista

Nel mondo attuale, il movimento femminista si compone di diverse correnti, a seconda delle sfide e degli obiettivi presi in carico da gruppi diversi. Tuttavia, una celebre femminista quale Donna Haraway, filosofa e docente, ritiene che le 'tassonomie' possano rischiare di creare divisioni ancora più marcate, ostacolando il dialogo.

La violenza maschile contro le donne è il grande tema su cui i movimenti per i diritti delle donne si stanno impegnando, insieme all’aborto e alla consapevolezza del proprio corpo.

Un approccio come il cyber femminismo, che prende ispirazione dal “Manifesto Cyborg” di Donna Haraway del 1991, ci fa riflettere sul ruolo della tecnologia, ma anche sulla scienza, una materia che non è neutra, per quanto si possa pensare il contrario.

Infatti, il metodo che il ricercatore ritiene oggettivo non lo è davvero, bensì riflette la sua cultura.

Ecco che allora il femminismo si trasforma in luogo da cui valutare i nostri rapporti con noi stesse e con la società in cui viviamo: il luogo dove discutere i nostri "sì" e i nostri "no", quelli che vogliamo dire e che ancora non sappiamo esprimere, consapevoli di non poter guardare il mondo solo in una prospettiva biologica che diverrebbe fuorviante.

Il femminismo nei tempi attuali diventa un "fare": una capacità operativa di agire.

Per esempio, uno fra tutti, sul linguaggio. Uso del plurale maschile e femminile sembrano discorsi accessori, invece, sono anche lo spunto che ci permette di riflettere sulla libertà e sui ruoli.

Il diritto di voto, il divorzio, il diritto all’aborto, i diritti legati alla vita personale, oltre al diritto del lavoro come strumento di indipendenza economica, non riguardano solo Paesi in guerra o in cui le dittature hanno messo o mettono ogni giorno a rischio la vita di migliaia di donne.

Si tratta di un lungo cammino in grado di far riflettere sul valore e le possibilità di ogni donna, in ogni luogo.

Manifestazione femminista

Femminismo in versione digital

Con la rete abbiamo uno strumento potentissimo e facilmente accessibile, in grado di propagare idee e condividere una consapevolezza che diventa più forte proprio perché condivisa.

Una delle attiviste capaci di farci riflettere, dalla carta stampata al web, è stata la scrittrice Michela Murgia, autrice di libri come Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più (Giulio Einaudi Editore).

Proprio dal libro manifesto "Stai zitta", una frase che purtroppo continuiamo a sentire troppo spesso, nasce il lavoro di Antonella Questa, Teresa Cinque e Valentina Melis, portato a teatro sui palcoscenici di tutta Italia.

Carlotta Vagnoli, che inizia scrivendo come sex columnist per GQ e Playboy nel 2015, si occupa di prevenzione della violenza di genere: lo fa dal suo profilo Instagram e incontrando studenti e studentesse di Medie e Superiori. Di lei possiamo leggere Maledetta sfortuna (Fabbri Editori), Poverine (Einaudi) e Memoria delle mie puttane allegre (Marsilio Editori).

Se ti interessano le tematiche di genere e diritti LGBTQ+, puoi cercare il profilo di Jennifer Guerra e leggere il suo ultimo libro Il femminismo non è un brand (Einaudi).

Attivista LGBTQIA+ e avvocato civilista, anche Cathy La Torre si occupa di identità di genere e orientamento sessuale. Di origini in parte siciliane e in parte statunitensi, oggi vive e lavora a Bologna: nel 2018, ha fondato lo studio Legali Associate Wildside Human First per aiutare chi è vittima di diffamazione e violenza su internet.

Uno dei profili da non perdere di vista è anche quello di Violeta Benini, ostetrica e divulgatrice: bodyshaming, relazioni, sesso, dolore... Quanti sono gli argomenti su cui abbiamo ancora tanti tabù da affrontare!

Fra questi c'è anche il sex work, di cui si occupa Giulia Zollino online e nel libro Sex work is work (Eris Edizioni).

Ricordiamo che il movimento "Ni una menos", nato in Argentina il 3 giugno 2015, nel mese di maggio dello stesso anno ha mobilitato centinaia di persone dopo l'omicidio della quattordicenne Chiara Paez, incinta e picchiata a morte dal fidanzato.

Se i femminicidi hanno ancora numeri sciaguratamente alti, dal 2016 il movimento femminista e transfemminista "Non Una Di Meno" si batte contro ogni forma di violenza di genere da una parte all'altra dell'oceano, in America e in Europa.

Insomma, ne parliamo fra amiche e online, leggiamo, ci informiamo, ascoltiamo. Scendiamo per strada e manifestiamo. Comunichiamo e riflettiamo da una parte all'altra del mondo, solcando le distanze grazie alle parole e alla condivisione.

Forse è proprio questo il segno del cambiamento e di un nuovo orizzonte: un arcobaleno in grado di unire donne e uomini, culture e luoghi del mondo differenti nell'obiettivo di una libertà che non sia solo teoria bensì fatti, scelte e pensieri, consapevolezza nelle decisioni che prendiamo ogni giorno.

Libertà del proprio corpo, dei propri sogni e di scegliere per la propria vita.

articolo a cura di

Redazione

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